CATEGORIA Festival

Conclusa domenica 20 ottobre la II edizione del Festival del Classico: tutti esauriti i 40 appuntamenti in programma.



20 ottobre 2019
. La ricerca della verità continua ad avere paladini appassionati: sono infatti accorsi in migliaia al suo richiamo e questa seconda edizione del Festival del Classico si è tramutata in una vera e propria impresa, come quelle nobili dei cavalieri di un tempo, che ha coinvolto fianco a fianco relatori e pubblico di tutte le età. Un viaggio avvincente che si conclude oggi, ma non perché la meta sia stata raggiunta: dopo quattro giorni di esplorazioni attraverso le epoche e i mille volti della verità, recuperato il senso di quella libertà che solo dal perseguimento del vero può scaturire, il Festival saluta il suo pubblico con l’invito a non sospendere mai le ricerche, a proseguire nell’interrogazione radicale di se stessi e di tutto ciò che viene fatto, detto e creduto.

Progetto della Fondazione Circolo dei lettori, sostenuto da Regione Piemonte e Fondazione CRT, presieduto da Luciano Canfora, diretto da Maurizia Rebola e curato da Ugo Cardinale e Massimo Arcangeli, il Festival del Classico è stato premiato con uno straordinario successo di presenze agli eventi gratuiti e sold out per quelli a pagamento, a dimostrazione, ancora una volta, di quanto sia vivace e costante la richiesta di contenuti di livello da parte della cittadinanza.

Dichiara Luciano Canfora, presidente onorario del Festival: «Non so quanto possa incidere sul tessuto civile (per esempio di una città) il “festival della cultura classica”, ma certo vien da pensare che, in momenti in cui reticenze e ambiguità dominano la parola politica, un’intera tornata di studi e di letture pubbliche intorno al nesso verità / libertà è sommamente salutare. La cultura moderna (si dice) porta dentro di sé quell’antica – da noi come in Cina o in Libia – ma non nel senso banale del primato o dell’esemplarità, bensì nel senso ben più drammatico della consapevolezza del costante riproporsi, in noi, dei dilemmi etico-politici, religiosi e scientifici che quel mondo seppe impostare, certo non risolvere».

«C’è stata una grande risposta del pubblico, un pubblico coinvolto, attento, stimolato da un tema alto di cui si avvertiva il bisogno – commenta Ugo Cardinale, curatore della rassegna – Torino si è rivelata una città d’avanguardia, capace di dare un ruolo attivo a tutte le generazioni, dai bambini, ai giovani impegnati nelle Dispute classiche, agli adulti, attenti alle domande di verità e di futuro ispirate agli antichi dilemmi. Il successo è stato certamente merito della macchina organizzativa della Fondazione Circolo dei lettori, non solo efficiente, ma appassionatamente impegnata in un’impresa corale. E già si attende la prossima edizione».

Un successo che ha unito le generazioni: pronta anche la risposta dei giovanissimi, con centinaia tra studenti e studentesse provenienti anche da fuori regione che hanno partecipato attivamente ai 40 appuntamenti in programma presso le otto location: tre sale al Circolo, l’Aula Magna della Cavallerizza Reale, il Teatro Carignano, la Sala dei Mappamondi all’Accademia delle Scienze e la Sala Codici al Museo del Risorgimento, senza dimenticare la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino. In particolare, record di affluenza – con video-collegamento, quando possibile, in sale attigue gremite in ogni ordine di posti – per gli incontri con: Luciano Canfora e Massimo Cacciari, Gian Luigi Beccaria, Salvatore Natoli, Lella Costa e Olimpia Imperio, Federico Condello e Valerio Magrelli, Ivano Dionigi, Adriana Cavarero e Valentina Moro, Umberto Galimberti, Bruno Centrone e Piergiorgio Odifreddi, Maurizio Bettini, Raffaele Simone e Armando Spataro. Ottimi risultati anche per la libreria del Festival: la top 3 dei titoli più venduti vede sul podio Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi (Feltrinelli) di Umberto Galimberti, Ciò che possiamo fare. La libertà di Edith Stein e lo spirito dell’Europa (Solferino) di Lella Costa e Homo sum. Essere «umani» nel mondo antico (Einaudi) di Maurizio Bettini.

Ma allora, di cosa è fatta questa verità che rende liberi? Perché è così difficile trovarla, riconoscerla, dimostrarla, e quali identità assume nei diversi contesti in cui opera? Una prima risposta è arrivata dal Torneo di disputa classica per le scuole superiori, a cura di Elisabetta Berardi, Marcella Guglielmo e Massimo Manca, dal suggestivo sottotitolo Antiche lezioni per moderni dilemmi che ha incoronato Emanuele Bovero, Niccolò Castoldi, Claudia Misitano e Luca Troncarelli, del Liceo Classico Cavour di Torino. Argomento del dibattito: la verità è assoluta? I vincitori hanno sostenuto la tesi contraria e per difenderla hanno argomentato con arguzia attingendo dal pensiero antico e dalla filosofia contemporanea. Le due semifinali e la finale, inoltre, sono state avviate dagli scrittori Matteo Nucci, Marco Balzano e Annalisa Ambrosio.

Qui di seguito, invece, alcune pillole dalle riflessioni dei protagonisti di questi giorni: non risposte, semmai pungoli alle nostre certezze, suggerimenti di nuovi percorsi, dubbi costruttivi e riscoperte di antiche saggezze. Per Luciano Canfora, ad esempio, il pericolo più immediato ed evidente è quello del “falsovero”, verità che sono tali sono in apparenza e la cui verosimiglianza impedisce di intuire il camuffamento; di questi strumenti si serve il potere, per precludere l’accesso a ciò che è vero. Secondo Massimo Cacciari il problema nasce dal carattere delle verità che muovono l’agire: a differenza della scienza che poggia su assiomi e teoremi vincolanti per tutti, la politica si muove nell’indefinito della retorica, della contraddittorietà, sfruttando tale condizione come alibi per non dover rendere conto ai cittadini: occorre ripensare questa pratica, avere il coraggio di definire valori, limiti e obiettivi, e riunificare la cultura umanistica e quella scientifica riconoscendone finalmente lo statuto comune. Ne è convinto anche Moni Ovadia, che ha dato voce a un antico libello sul paradosso della democrazia come “violenza del popolo” e ha ricordato come la pretesa di verità e di responsabilità che non debba mai venire meno, da parte dei governati nei confronti dei governanti.

Recuperare le parole che stiamo smettendo di usare per salvarle dall’oblio è stato l’invito di Massimo Arcangeli, rivolto agli studenti del Liceo Classico D’Azeglio, mentre una nuova consapevolezza circa l’origine e il significato autentico della parole che usiamo è stato l’appello di Gian Luigi Beccaria, che partendo dal retaggio classico della nostra lingua ha svelato i retroscena etimologici di termini come “fede” e “tradire”, rispettivamente “impegno” e “consegnare”, mostrando le conseguenze fattuali e storiche del prenderli alla lettera o del fraintenderli. Diverso ancora il monito arrivato da Salvatore Natoli: certo, dire la verità significa dire le cose come stanno, ma per farlo occorre capire effettivamente cosa significhi questo loro stare così o altrimenti; da tale difficoltà ontologica discendono le tante definizioni di verità succedutesi nel tempo – disvelamento, corrispondenza, interpretazione, esperienza, dimostrazione. Su quella che sembra un’impresa impari e dai risvolti tipici della tragedia, si è invece accesa la luce rischiaratrice della commedia grazie a Lella Costa e al suo reading dalle commedie di Aristofane Lisistrata, Le Tesmoforianti e Donne all’assemblea, con interventi della grecista Olimpia Imperio e conclusioni di Luciano Canfora: la verità, in questo caso, è quella che i potenti non vogliono ascoltare, che scaturisce dalle vicissitudini quotidiane e dalla saggezza pratica delle donne, esperte di pazienza e dissimulazione, amministrazione e compromesso, le uniche in grado di smascherare le mezze verità gonfiate sino a diventare menzogne, e riconciliare le fratture aperte dalla hỳbris degli uomini.

Un altro volto ancora della verità è stato ritratto da Federico Condello e Valerio Magrelli, quello del vero nella poesia: i versi ci parlano come una voce che fa appello alla coscienza e che attraverso metriche, figure e accenti diversi riporta sempre alle questioni fondamentali, agli interrogativi che dominano la nostra esistenza. Una narrazione diversa, mitica, è stata poi proposta ai più piccoli dalla scrittrice Nadia Terranova e da Merende Selvagge, che hanno fatto riascoltare gli echi delle storie omeriche, così ricche di invenzioni ma anche di verità. La forza del concetto di verità supera le sue molte declinazioni: questo invece il messaggio trasmesso da Franca D’Agostini e Maurizio Ferrera, secondo i quali l’odierna degenerazione della democrazia in “teatrocrazia”, in messa in scena del “creduto vero”, dipende dalla nostra mancata comprensione e quindi sottovalutazione dell’idea stessa di “verità”, delle sue implicazioni vincolanti, per cui le forme che poi essa assume – opinioni e credenze – appaiono come il vero problema non essendone, invece, che un mero effetto. E una sorta di fraintendimento radicale è anche alla base, secondo Maurizio Bettini, del declino del nostro senso di umanità: abbiamo dimenticato cosa significa essere umani, qual è l’origine di quei diritti fondamentali che dovremmo riconoscere a tutti e che invece, dall’antichità ad oggi, ancora hanno bisogno di essere riscoperti e difesi. Un analogo richiamo alla classicità è arrivato da Ivano Dionigi, perché l’educazione alla verità, cioè il coraggio di osare sapere, finanche ciò che più ci turba, mette al riparo dalle spiegazioni troppo semplici e riduttive, dalle finte verità consolatorie; è qualcosa che il pensiero umanistico e classico impartivano con regolarità e che oggi è quanto mai indispensabile per essere attori e non solo spettatori di sfide e rivoluzioni. Deformazioni ideologiche e falsificazioni delle verità storiche sono, invece, i “mostri” contro i quali hanno messo in guardia Gino Bandelli, Giovanni Brizzi e Sergio Roda, mentre per Adriana Cavarero, Valentina Moro e Giorgio Ieranò le inside maggiori arrivano dalla malia del linguaggio, quel potere persuasivo messo in scena ad esempio dalle tragedie di Sofocle e che oggi come ieri dimostra la natura duplice – affascinante e terribile – della retorica. Umberto Galimberti si è soffermato invece sui mutamenti della verità, prima come oggetto solo della mente, con la relativa condanna della corporeità, poi come frutto invece dell’esperienza e, infine nell’era della tecnica, come ciò che ha successo: inevitabile il rischio di tramutare un semplice strumento in nuova visione del mondo, una verità disumana e inappellabile. Un po’ come le verità scientifiche, che non sono però una condanna bensì una liberazione, un trampolino verso il progresso: questa è la giusta prospettiva da cui guardare, secondo Piergiorgio Odifreddi, Bruno Centrone e Giuseppe Cambiano, che partendo da Pitagora, padre di tutti i teoremi, hanno ricostruito le tappe dello sviluppo scientifico e culturale dai Greci sino a noi. Ancora uno sguardo all’Ellade e alla sua mitologia per comprendere l’autentico significato dell’essere stranieri e, quindi, dell’ospitalità: Maurizio Bettini, Luciano Canfora, Raffaele Simone e Armando Spataro hanno tratteggiato la parabola dell’accoglienza da Odisseo a Farage districando le ambivalenze di quella radice etimologica affine a ospite e nemico (hospes e hostis) responsabile di innumerevoli mistificazioni, travisamenti e, inevitabilmente, conflitti.

Gli ultimi appuntamenti del pomeriggio sono stati quelli con la filologa Giuseppina Magnalidi nella lezione sul senso della vita nel pensiero antico, con i filosofi Mauro Bonazzi e Maurizio Ferraris, insieme al direttore de La Stampa Maurizio Molinari per discutere sui modi di distinguere verità e opinioni, con lo storico Gaetano Lettieri che ha dedicato una lezione alla filosofia di Sant’Agostino, preceduta da un ricordo di Maria Bettetini. Un altro incontro con Mauro Bonazzi, che ha proposto un’analisi dei due falsi originali di Platone, il Libro XI della Repubblica e la Lettera XIV Agli amici d’Italia (sulla giustizia), scoperti da Mario Vegetti, e poi Luciano Canfora che, insieme al direttore de L’Espresso Marco Damilano, ha chiuso il Festival sull’opposizione tra verità e mistificazione a partire dalla vicenda della congiura di Catilina.

Il Festival del Classico, progetto della Fondazione Circolo dei lettori, è stato realizzato con il sostegno di Regione Piemonte e Fondazione CRT, il patrocinio della Città di Torino e dell’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Accademia delle Scienze di Torino, Dibattito e Cittadinanza Rete del Piemonte, Rete Nazionale dei Licei Classici, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte e Cirst – Centro Interuniversitario di Ricerca Studi sulla Tradizione. Media partner La Stampa. Artwork di Ugo Nespolo.


festivaldelclassico.it

Il vostro prossimo
eventofestivalpremio
? Vi aiutiamo a
idearlorealizzarlocomunicarlo
Contattaci